Al via oggi a Palazzo Reale la più grande mostra mai dedicata all’artista, tra opere inedite, musica e le sue iconiche figure infantili

La più grande monografica di Valerio Berruti, trasforma le sale storiche di Palazzo Reale in un’epica riflessione sulla condizione umana, tra sculture immersive, video-animazioni e collaborazioni stellari, da Ludovico Einaudi a Daddy G dei Massive Attack

Milano si prepara ad accogliere uno degli eventi più attesi della stagione artistica. Dal 22 luglio 2025, le sale di Palazzo Reale diventano il palcoscenico per “More than kids”, la più vasta e ambiziosa mostra personale mai dedicata a Valerio Berruti. L’artista, figura di spicco nel panorama contemporaneo, noto per la sua inconfondibile cifra stilistica che unisce la tecnica ancestrale dell’affresco a una sensibilità profondamente moderna, orchestra un percorso espositivo che trascende la semplice retrospettiva per diventare un’imponente narrazione corale.

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Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale con Arthemisia, la mostra, curata da Nicolas Ballario, è un viaggio immersivo nella poetica di Berruti. Attraverso installazioni monumentali, video e l’iconica giostra-scultura con le musiche di Ludovico Einaudi, i visitatori sono invitati a entrare in un universo solo in apparenza dominato dall’infanzia.

Come suggerisce il titolo, i bambini di Berruti sono “più che bambini”: sono archetipi, simboli universali sospesi in un tempo senza coordinate, che ci costringono a confrontarci con le grandi domande del nostro tempo.

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Il progetto espositivo si rivela un’esperienza multisensoriale. Nel cortile di Palazzo Reale, ad accogliere il pubblico, si erge “Don’t let me be wrong”, un’imponente scultura abitabile, il cui cuore pulsante è un cortometraggio inedito musicato da una firma d’eccezione: Daddy G, fondatore del gruppo cult Massive Attack. All’interno, il percorso si snoda tra opere cardine e lavori presentati in prima assoluta, come le nuove video-animazioni “Lilith”, con la colonna sonora del polistrumentista Rodrigo D’Erasmo, e “Cercare silenzio”, impreziosita dal suono di Samuel Romano, storica voce dei Subsonica. Queste collaborazioni si aggiungono a un parterre de roi che negli anni ha visto l’artista dialogare con geni musicali del calibro di Paolo Conte e del compianto Ryuichi Sakamoto.

L’arte di Berruti non è fatta per essere contemplata a distanza; esige di essere attraversata, vissuta. Le sue opere generano spazi di riflessione che interrogano direttamente lo spettatore. Si cammina tra figure infantili che invitano a entrare in una dimensione onirica, si osserva una bambina galleggiare, evocando il dramma universale della salvezza, e si può salire fisicamente su “La giostra di Nina”, un carosello dove i cavalli sono sostituiti da passerotti, liberando l’immaginazione in un volo tra memoria e futuro.

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Ma la leggerezza del tratto nasconde una profonda urgenza. Berruti affronta di petto temi tellurici come la crisi climatica in “Nel silenzio”, dove i corpi di tre bambine, simili a reperti di un’archeologia futura, riposano su una terra arida e spaccata dal sole. È una visione potente, un monito silenzioso sull’indifferenza che rischia di condannarci.

Con questa ampia monografica, Berruti si trasforma in un regista che, stanza dopo stanza, tocca tutti i grandi temi della contemporaneità“, afferma il curatore Nicolas Ballario. “Le sue opere non parlano dell’infanzia, ma usano quel periodo della vita dove tutto può ancora avvenire per chiederci se siamo ancora in tempo per cambiare le cose. La monumentalità delle opere ci dice che non possiamo far finta di niente. Chi distoglie lo sguardo è complice“.

Questa mostra milanese rappresenta il culmine di un percorso iniziato ad Alba, città natale dell’artista, con un’esposizione alla Fondazione Ferrero che ha svelato in anteprima alcuni lavori preparatori. Un dialogo tra territori che sottolinea la coerenza e la forza di un progetto artistico che, pur essendo profondamente radicato nella sua terra, le Langhe, parla un linguaggio universale.

“Valerio Berruti. More than kids” non è dunque solo una mostra, ma un’esperienza catartica. Un invito a riattivare lo sguardo, a ritrovare in quelle figure infantili, al tempo stesso fragili e potentissime, il riflesso delle nostre responsabilità e la possibilità, forse l’ultima, di scrivere un futuro diverso.

La Redazione

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