“SOMEWHERE IN MILAN” non è solo un libro fotografico, è una dichiarazione d’amore. Una dichiarazione d’amore a una città che, dietro la frenesia e l’apparenza, nasconde angoli di inaspettata bellezza e suggestione. L’autrice, Elisabetta Pina, milanese classe 1976, ci guida in questo viaggio attraverso il suo obiettivo, svelandoci una Milano inedita, lontana dai soliti percorsi turistici

Chi è Elisabetta Pina?

Elisabetta Pina è una professionista poliedrica che ha saputo fondere la passione per la narrazione con l’innovazione digitale. Giornalista, fotografa e imprenditrice nel campo del social media management, Elisabetta ha affinato negli anni la capacità di raccontare storie, sia con le parole che con le immagini, portando la sua visione artistica anche nel mondo digitale, attraverso la gestione di una piccola agenzia. La sua esperienza si riflette in “SOMEWHERE IN MILAN”, un progetto che va oltre la semplice raccolta fotografica.

Un libro, cinque anime: le sezioni di “SOMEWHERE IN MILAN

Il libro si articola in cinque sezioni, ognuna delle quali esplora un aspetto diverso della città:

  • PARALLEL WORDS: questa sezione ci porta alla scoperta di mondi paralleli che coesistono nella metropoli. Dai cortili nascosti di Chinatown alle aule universitarie, dagli edifici popolari ai centri sportivi, Elisabetta cattura spazi che vivono di vita propria, quasi isolati dal caos cittadino.
  • ROMANTIC PLACES: qui l’obiettivo si sofferma su luoghi intrisi di romanticismo, come giardini segreti, dimore storiche e piccole oasi di pace. La casa di Gio Ponti e i giardini di Guastalla sono solo due esempi di come la città preservi angoli di quiete, resistenti al tempo e alla frenesia.
  • MYSTICISM IN THE CITY: una sezione dedicata alla spiritualità inaspettata che si cela tra i palazzi milanesi. Madonne nei cortili, installazioni artistiche nelle chiese: dettagli che rivelano una dimensione mistica che permea il tessuto urbano.
  • ART SIGNS: la street art è protagonista di questa sezione, che racconta una Milano contemporanea e vibrante. Ogni murales, da zona Isola a Gae Aulenti, diventa una voce che dialoga con la città e i suoi abitanti.
  • PATTERNS & SHOPS: un omaggio alla Milano commerciale che resiste al tempo. Botteghe storiche, mercati coperti, depositi dei tram, il più piccolo bar dei Navigli: luoghi che mantengono viva l’identità e l’autenticità della città.

La voce di Elisabetta Pina

Elisabetta Pina

Attraverso una serie di domande, scopriamo la genesi e il significato di “SOMEWHERE IN MILAN” direttamente dalle parole dell’autrice.

D: “SOMEWHERE IN MILAN” è un libro fotografico che racconta una Milano diversa. Come è nato questo progetto?

È nato nel 2019 sui social. Prima con il mio profilo personale poi con uno ad hoc. Da qui è nata una mostra fotografica che è stata allestita in due spazi nel quartiere di Mac Mahon e in entrambi casi è stata “interattiva” anche se in modo analogico. Le foto, tutte senza didascalia, volevano invitare i visitatori a lasciare un commento su un pannello dove scrivere secondo loro che luogo era di Milano e quali emozioni evocava in loro quello scatto.

D: Cosa significa per te fotografare Milano?

Milano è una di quelle città che si danno per scontate. Per me c’è tanto da vedere in ogni più piccolo e apparentemente insignificante angolino. Una bottiglia abbandonata con una rosa dentro, un piccolo cuore di carta in una pozzanghera… Insomma non sono una persona particolarmente romantica, ma questa città rende malinconici. Milano è piena di amore, ma fa fatica a manifestarlo apertamente. Ogni quartiere secondo me è un viaggio. Un aspetto che si è amplificato dalla pandemia: le persone hanno scoperto le proprie strade e ancora oggi, almeno per me, mi sento parte del mio “district”.

D: Come si integra questo progetto con la tua attività professionale?

Bella domanda. In realtà volevo tenere le cose separate. Ovvero qui volevo sentirmi libera di esprimermi senza giudizi. Prima di tutto senza il mio di giudizio e lasciare che i miei occhi decidessero per me. Un po’ è così, un po’ ovviamente sono felice quando vedo che anche tra i colleghi il progetto piace e potrebbe sicuramente avere tanti sviluppi interessanti anche professionali.

D: Il libro è anche un progetto social. Come si è evoluto questo aspetto?

È uno scambio. Le foto dai social sono finite in un libro, poi il libro è finito sui social. L’intenzione mia e dell’editore era di rompere il muro carta/digital e lasciare il canale di comunicazione spalancato e vedere che succede. In ballo ci sono altri progetti di questo genere e una nuova edizione più ricca.

D: Quale messaggio vuoi trasmettere attraverso le tue fotografie?

Vorrei solo dire: ehi mi chiamo Milano, guardatemi. Non c’è solo il Duomo, le sfilate e il design. C’è anche la signora che fa le lasagne per gli operai, ci sono i giardini nascosti (tantissimi anche in centro città), ci sono le persone e le tracce di esse.

D: Un’immagine del libro a cui sei particolarmente legata?

La cover. Quel bar che sembra rimasto fermo agli anni Sessanta in un luogo che per questioni personali mi ha molto segnata. Colore dove c’è stato dolore. Per me è un’immagine che mi bonifica cuore e mente. Qualcuno dice che è hopperiana.

D: C’è un luogo particolare che rappresenta meglio questo tuo amore per Milano?

Il quartiere Prealpi e Mac Mahon e Certosa. Tra le zone meno fashion della città sebbene in grande evoluzione. Mi piacciono i quartieri poco prima che diventino preda dei “milanesi imbruttiti”.

D: Progetti futuri?

Vedi risposta sopra.

SOMEWHERE IN MILAN– immagine di copertina: ©Elisabetta Pina

Mentre concludiamo l’intervista, Elisabetta mostra alcune delle sue foto preferite, e in ognuna si legge il suo amore per questa città complessa e stratificata, una Milano che continua a sorprendere chi sa guardarla con occhi attenti e cuore aperto.

Valentina Avogadro

SOMEWHERE IN MILAN, Elisabetta Pina  ©2022 Psicografici ISBN 979-12-5546-023-7

editore www.psicograficieditore.com

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