“Quest’anno il tartufo, bianco e anche nero, è sulla cresta dell’onda”, affermano Jacopo Botticella e Matteo Da Re, titolari di Team Tartufi, società nata quattro anni fa, ora in pieno sviluppo,” a oggi il nostro giro d’affari supera dell’80% quello dell’anno scorso, grazie anche alle richieste del mercato estero”. Ne vanno pazzi gli americani, ma anche i coreani e i giapponesi, che lo abbinano al Sakè, la loro tradizionale bevanda alcolica. A pensarci bene, una lamella di tartufo sul sushi ci sta proprio bene!
“Il mestiere non è facile”, aggiungono,”il tartufo va mangiato al massimo entro una settimana dalla raccolta. Ogni giorno che passa perde acqua e peso, ma anche profumo”.
Qualche giorno fa, un invito inaspettato mi ha portato nelle Langhe, a pochi chilometri dalla mitica Alba, a Monchiero Alto, in Piemonte, un paesino sconosciuto ai più, sul cocuzzolo di una collina.
Al centro si apre una bella piazza affacciata su vigneti a perdita d’occhio, boschi e colline. Unico rumore a interrompere il silenzio, quello di un martello penumatico. I lavori fervono nel settecentesco Santuario della Madonna Del Rosario, per secoli oggetto di devozione, come mi raccontano i restauratori all’opera in chiesa. L’interno è sfarzoso, dorato e arricchito da statue lignee. “ Un tempo”, mi spiegano,”il Santuario era frequentatissimo dalla gente del posto”, oggi si viene qui per mangiare il pregiato tartufo d’Alba”. “Il vescovo di Alba”, aggiungono,” si sta interessando al luogo e speriamo di riportare in auge il Santuario”.
Tra Arte e Querce
A pochi passi dal Santuario, ecco, infatti, comparire la locanda “Tra Arte e Querce” di Clelia e Ezio, lui trifulao di Langa, lei una maga dei taglierini, fatti rigorosamente a mano. Ezio ci sta aspettando per portarci a caccia della pepita bianca, che tutto il mondo ci invidia.
Con lui c’è Dora, l’adorabile cagnetta, che saltella felice al pensiero di quanto l’aspetta.
In cinque minuti di auto arriviamo nel fitto bosco, proprietà della famiglia, di querce, nocciole e pioppi, il massimo per il tartufo bianco.
A caccia del tartufo nascosto nel bosco
“Oggi”, spiega Ezio,”agli appassionati piace andare per boschi e rendersi conto di come il tartufo esce dalla terra”. L’atmosfera è perfetta: si cammina su un soffice tappeto di foglie colorate, accompagnati da un pallido sole. La passeggiata è gradevole, si chiacchiera, senza perdere d’occhio l’allegra cagnetta. Dora corre di qua e di là fiutando il terreno, finchè si precipita a capofitto ai piedi di una grande quercia e con le zampette incomincia a raspare. Ezio le è accanto, cercando di frenarne l’ ardore, che potrebbe compromettere l’integrità del prezioso tubero. Con il vanghetto scava con delicatezza la terra, perché se il tartufo si rompe è un grosso guaio.
Per noi è un’emozione vedere il candido tartufo far capolino dalla terra, mentre Dora sembra impazzire di gioia. Il premio per lei è pronto: una carezza del padrone e un croccantino. La passeggiata prosegue, quando, per la seconda volta, Dora rotea all’impazzata, fiuta e segnala. Ecco, ci siamo di nuovo, il tartufo è nei dintorni, ben nascosto sotto un pioppo. Ezio lo tira fuori dalla terra, lo spolvera e segna sul suo taccuino, non solo il luogo, ma anche l’ora di raccolta.
“Dora”, dice Ezio,” è un fenomeno, è la settima generazione di campioni testati, non sbaglia mai il colpo. Abbiamo cominciato ad addestrarla a sei mesi e, fin dal primo istante, abbiamo intuito le sue capacità di cercatrice”.
Il ritorno alla locanda è vittorioso. Il ristorante, aperto su prenotazione, ci accoglie con camino acceso, un’atmosfera semplice e raffinata. Accanto c’è la Casa Vacanze con quattro belle camere con bagno per chi vuole scoprire le Langhe.
Il nome TraArte e Querce ha un suo perché. Alle pareti spiccano un paio di tele di Eso Peluzzi (1894/1985),pittore divisionista, nato proprio a Monchieri Alto, mentre sul bancone sono in bella mostra le coppe vinte negli anni dal nostro trufulao.
Pronti per assaggiare il nostro tartufo
Come per Dora, anche a noi ora spetta un premio. La tavola è apparecchiata con un buon Nebbiolo al centro: siamo pronti per lo spuntino. Salumi locali, ottimi, e, soprattutto, la Robiola d’Alba ( “di mucca”,”precisa Clelia.) tagliata a fettine, su cui Ezio grattuggia senza risparmio i due tartufi. Il profumo ci porta in paradiso.
Lasciamo Monchiero Alto per Roddi d’Alba, a due passi da Grinzane Cavour, Barolo e Serralunga. Ci troviamo, anche qui, in un paesino su un cocuzzolo, a pochi chilometri da Alba. A dominare la scena s’innalza l’omonimo storico castello da difesa, nato nel XIV secolo, passato attraverso diversi proprietari fino a essere acquistato dallo stato italiano.
Oggi il progetto è grandioso
Da un anno a questa parte, grazie a Microsoft e alla regione Piemonte, Roddi ha assunto il ruolo di Truffle Hub, con sede nelle pertinenze del Castello, ora in ristrutturazione. Il suo ruolo è quello di vetrina digitale delle eccellenze locali, valorizzando i prodotti e le ricette delle singole regioni piemontesi, sempre in abbinamento con il tartufo d’Alba. Nel programma sono previste cene tematiche con chef stellati, che interpretano i prodotti agroalimentari della regione, e una scuola di cucina d’eccellenza.
La scuola di cucina. Un must del Truffle Hub
Ho avuto la fortuna di parteciparci la settimana scorsa.A incantarci per prima è Paola Naggi pluripremiata chef del ristorante di famiglia Impero a Sizzano (Novara),nato nel lontano 1932.
Simpaticissima e piena di vita, Paola ci spiega la ricetta dei gnocchi di semolino al tartufo.
Dalle padelle, ai mestoli, alle palette in legno, agli ingredienti: tutto è pronto e la ricetta facile da portare a termine. Anche qui, grande soddisfazione. Con i nostri gnocchi, quasi perfetti, ci spostiamo nella saletta da pranzo, godendoci il piatto con una bella grattuggiata di tartufo della Langa, accompagnato dal Vespolina delle cantine I Dof Mati.
Gianfranco Tonossi
La giornata è intensa. Ci attende la seconda lezione con lo chef Gianfranco Tonossi del ristorante Divin Porcello a Masera in Val d’Ossola. La definirei un’azienda di famiglia, oltre che un ristorante, dove si possono acquistare prodotti a km zero, come il celebre formaggio Bettelmatt. Nel salumificio di Masera, vengono preparati la mortadella ossolana, la brisaula locale e uno speciale filetto alle erbe, che ben si abbina con una grattuggiata di tartufo.
Proprio quest’ultima ricetta ci mette alla prova come allievi. La base di partenza è eccezionale: il filetto è tenerissimo, le erbette profumate e la spadellata alla nostra “quasi” portata. Lo gustiamo con il mitico tartufo e un rosso della Val d’Ossola.
Un’ultima domanda al Team Tartufi: come riconoscere un tartufo ottimo da uno buono?
“L’odore, innanzi tutto”, ci spiegano,” ogni tartufo ha il suo odore e gusto. La selezione si basa proprio sulla capacità del tartufaio nel riuscire a valutarne in anticipo le potenzialità. Ci possono essere tartufi brutti ma ottimi, ben superiori a quelli perfettamente rotondi, prediletti dagli americani”.